Salone del Libro, qualcuno farà autocritica?

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Il Salone del Libro emigra a Milano e questo, si dice, non è una sorpresa visto che gli editori avevano già deciso da tempo. Già, ma perché? Ci sono ragioni economiche: Milano è più centrale, la Lombardia più ricca e popolata, il centro fieristico raggiungibile con l’alta velocità. Insomma, questione di incassi e di costi per gli editori. Che fanno già una fatica boia, visto che si legge di meno e che la carta stampata sta declinando, sostituita dagli e-book.

Ma il sistema Torino dovrebbe fare anche una dura autocritica. I costi esagerati per gli editori sono anche l’esito di gestioni a dir poco opache, visto che intorno al Salone stiamo registrando numerose inchieste giudiziarie. E che dire dei canoni pagati al gestore dei padiglioni espositivi, così eccessivi e impropri (ma solo dopo l’avvio dell’inchiesta giudiziaria) al punto che si era trovato un recente accordo per dimezzarli? E vogliamo parlare del pressappochismo e dei litigi tra i membri del cda?

Insomma, così come abbiamo avuto, all’inizio del Salone e per molti anni, persone, amministratori e idee pionieristiche che hanno fatto di Torino un punto di riferimento internazionale per la cultura e per il libro, di recente abbiamo avuto una gestione sicuramente miope e, forse, anche collusa.

Ce n’è abbastanza per un serio mea culpa. Temo che invece rivedremo il recente copione: le cause sono molte, tranne di chi ha governato.

Stefano Lepri

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