Espositum, emendamento canguro

palazzomadama

Stamattina al Senato non si parlava d’altro che del ribattezzato Espositum: l’emendamento approvato all’Italicum, a sola firma del collega piemontese Stefano Esposito che, d’un colpo, con la tecnica del “canguro”, ha eliminato circa trentacinquemila emendamenti, quasi tutti ostruzionistici. Ne restano ancora circa novemila, ma molto è stato fatto. Solo oggi, ieri e l’altro ieri ben tre articoli dell’indipendente Lo Spiffero ne hanno descritto le gesta e il sacrificio, mentre oggi i quotidiani nazionali rilanciano, esaltandone la tattica e la scrittura.

In effetti, il testo sintetizza magnificamente i contenuti e gli emendamenti della legge elettorale, al punto che non pochi, malignamente, si sono domandati, intervenendo in aula, se sia farina del suo sacco o se invece vi sia stata una “manina”, oppure un ghostwriter. Il senatore Esposito ha confermato di esserne l’autore, sciogliendo ogni dubbio.

Confesso: a quel punto ho avuto un guizzo d’invidia e, per fermarla, ho pensato di dedicare al mio collega un piccolo elogio sul blog. Perché riconosco a Stefano, sinceramente, grande dinamismo e determinazione, ma anche quell’affabilità e simpatia che io non ho. L’ambizione, come a me, non manca, e questa è una dote per chi fa politica. A patto di non strafare, come gli è capitato ieri.

Probabilmente infervorato dall’ondata di notorietà, ieri non si è infatti limitato a decantare l’elogio del suo emendamento ma ha voluto spaziare nell’analisi politica, dedicando in un’intervista a La Repubblica dure critiche verso i colleghi della cosiddetta “minoranza PD”, colpevoli di frenare la nuova ditta, al punto di additarli come “parassiti”.

Credo che anche lui si sia reso conto di aver esagerato, se non altro perché molti colleghi, in particolare gli ex DS, stamattina non gliel’hanno mandata a dire.

Proprio a un passo dal diventare statista, Esposito è inciampato sui gradini che ha scalato in questi anni, saltando da dalemiano a bersaniano, a cuperliano (comunque sempre antirenziano) fino a avvicinarsi, poco per volta, a Renzi, per poi esserne ora un dichiarato ultrà.

Nulla di male, intendiamoci, tutti cambiamo opinione e se ci si corregge ben venga. Se solo posso suggerire, ci vorrebbe forse un po’ più rispetto per gli ex compagni (che sbagliano) di una vita. E che magari, poiché duramente accusati e come ho sentito sussurrare da qualcuno di loro, finiscono per considerarlo (di nuovo sbagliando) un collaborazionista.

Stefano Lepri

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