L’emendamento che prevede il divorzio immediato, approvato in commissione giustizia al senato due settimane fa, è stato votato senza discussione nel gruppo Pd e in maggioranza. Essendo un tema delicato e molto importante, che riguarda i diritti e i doveri dei singoli e della famiglia fondata sul matrimonio, non c’era ragione di questa accelerazione. Sul metodo occorrerà quindi recuperare, prima che arrivi in aula.
Quanto al merito, anche qui prevale l’orientamento a bruciare i tempi: si prevede, pur in casi limitati (richiesta consensuale e assenza di figli a carico) di eliminare totalmente la fase della separazione, peraltro opportunamente ridotta nei tempi rispetto a quelli attuali, come già previsto nel testo approvato alla camera.
Sulla separazione, resta da valutare se differenziarne la durata nel caso o meno di figli a carico, poiché nel testo attuale si distingue invece solo rispetto al carattere consensuale o giudiziale della richiesta.
Ciò che non convince è l’eliminazione totale del periodo di separazione, a cui i coniugi arrivano per ragioni le più diverse: infedeltà, incomprensioni prolungate, incapacità a esercitare con responsabilità il ruolo coniugale o quello genitoriale, ecc. Sono motivi che possono, almeno talvolta, essere superati dopo una fase di decantazione, di mediazione familiare, di valutazione seria degli effetti (spesso deleteri) sui figli e sul patrimonio che possono derivare dal divorzio. Sappiamo bene che esso sovente risulta inevitabile ma ciò, anche per evitare di rendere il matrimonio “usa e getta”, non cancella l’opportunità di un, pur breve, periodo di riflessione.
C’è una seconda ragione, meno importante ma non banale, che porta a guardare con timore all’eliminazione della separazione: occorre contrastare i matrimoni di interesse, sempre più frequenti in ogni angolo del nostro paese. Se si eliminano i mesi della separazione, e soprattutto il doppio vaglio presso un tribunale o un ufficiale di stato civile, crescerà il numero di nozze di comodo o di divorzi chiesti da chi, avanti negli anni, si illude di poter avere una nuova vita con una giovane donna, salvo poi prendere atto, troppo tardi, dell’inganno.
Insomma, chi non concorda con la scelta fatta in commissione giustizia non ha intento moralistico o punitivo, bensì la preoccupazione di non mortificare il principio della stabilità affettiva che caratterizza il matrimonio e di tutelare chi (il coniuge debole, quello “illuso”, i figli) rischia di pagare e soffrire per scelte prese troppo in fretta.
Stefano Lepri