Jobs act, la prossima settimana si vota

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La settimana scorsa il Governo ha tirato diritto, presentando un emendamento al testo che ha segnato la svolta del Jobs act: per i nuovi assunti sono garantite le tutele contro i licenziamenti discriminatori e disciplinari, non per quelli legati a motivi economici. In questo caso l’impresa dovrà garantire un indennizzo commisurato all’anzianità lavorativa, sarà assicurato un assegno di disoccupazione (ASPI) e un buon servizio di ricollocazione. Ho avuto anche modo di partecipare, in TV e sui giornali, alla discussione sul punto.

Questa settimana è invece stata interlocutoria dal punto di vista parlamentare, con lo stallo non ancora risolto per l’elezione dei membri della Corte costituzionale e il dibattito in Aula sulla delega lavoro. Da martedì si passa al voto, e allora capiremo se il PD terrà una linea unitaria o se, invece, vi saranno (improbabili) rotture.

Dopo la turbolenta Direzione di lunedì, dove è passata a larga maggioranza, pur con alcuni aggiustamenti, un documento di sostegno al testo del Governo - non dovrebbero esserci significative defezioni; tanto più se, come pare, dovesse essere posto il voto di fiducia. Non servirà, insomma, il soccorso azzurro di Forza Italia, prefigurato ad arte per metterci in difficoltà ma che ha avuto anche l’effetto di portare le contestazioni a più miti consigli.

Negli ultimi giorni ci sono state dichiarazioni concilianti di esponenti di punta dell’attuale opposizione entro il PD. Anche perché non pochi colleghi, che hanno votato prima Bersani e poi Cuperlo, sanno bene del valore di Renzi e del provvedimento in questione. Si potrà magari non essere d’accordo sui licenziamenti economici (che poi si applicheranno solo per i nuovi assunti, mentre chi ha l’articolo 18 continuerà a beneficiarne), ma solo chi è in malafede può non vedere l’ambizione di una riforma radicale: ammortizzatori sociali semplificati e per tutti; politiche attive del lavoro con l’impegno ad una vera presa in carico per ogni persona che perde o cerca lavoro; codice semplificato e sfoltimento delle inutili tipologie di contratto; misure per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Se, come verosimile, riusciremo ad approvare (magari con il voto di fiducia) la delega, l’Italia diventerà, non prima di qualche anno necessario per i decreti e per l’implementazione, un Paese all’avanguardia nel funzionamento del mercato del lavoro. Ma soprattutto, un Paese dove chi investe sa cosa può o non può fare, senza bisogno di stuoli di consulenti e senza impantanarsi nella giungla della giustizia.

Stefano Lepri

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