Legge elettorale, ora la proposta c’è

Nella direzione nazionale di ieri Matteo Renzi ha indicato i tratti della nuova legge elettorale: riparto nazionale dei seggi con metodo proporzionale, premio di maggioranza o doppio turno se nessuno supera il 35%, sbarramento verso i piccoli partiti e le liste civetta, collegi piccoli con liste corte bloccate. E’ un compromesso, che probabilmente accontenta la maggioranza dei partiti e dei parlamentari. Un compromesso tra il modello spagnolo (circoscrizioni ridotte), quello francese (doppio turno eventuale) e quello tedesco (sbarramenti e proporzionale).

Anzitutto va dato atto che ora, finalmente, una proposta seria c’è e sarà discussa alla Camera già nelle prossime settimane. Anzi, l’accordo è su tre questioni cruciali e tra loro legate: non solo la legge elettorale, ma anche il superamento del bicameralismo perfetto con la riconversione del Senato e la riscrittura del Titolo V sulla disciplina delle competenze tra Stato e Regioni. Sono riforme che l’Italia attende da troppo tempo. Aver aperto davvero il cantiere delle riforme e aver costretto i maggiori partiti a mettersi in gioco è già di per sé un bel passo in avanti. Con qualche rischio sul metodo (l’incontro con Berlusconi al Nazareno), peraltro inevitabile se si voleva evitare il potere di veto dei piccoli partiti.

La questione più delicata resta la mancanza delle preferenze: una condizione imposta da Forza Italia, che vuole continuare a esercitare una gestione “padronale” degli eletti. Noi del PD potremo correggere la stortura con le primarie, come già avvenuto lo scorso anno.

Ora parte il confronto vero in Parlamento. La tenuta degli altri partiti non è scontata, come purtroppo avvenuto troppe volte in questi anni. Cominciamo noi del PD a chiarirci definitivamente, evitando sia le tentazioni di dividerci in aula, sia di umiliare la minoranza.

Infine, una lode a Matteo Renzi: in poche settimane ha dimostrato cosa vuol dire avere una forte leadership, mettendoci la faccia in prima persona e soprattutto facendo capire che i tempi lunghi della politica non sono più tollerabili.

Stefano Lepri

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