Un sistema che somigli al sindaco d’Italia

 

Riporto il testo dell’articolo a mia firma uscito oggi su l’Unità. Una riflessione su temi di grande attualità quali la riforma della legge elettorale e la forma di governo. Mi auguro possa contribuire ad approfondire, insieme, il confronto e il dibattito.

L’idea del Sindaco d’Italia, più volte prefigurata da Matteo Renzi come auspicabile soluzione per la forma di governo, va sostenuta ma anche chiarita. Quando si evoca tale modello si auspica che - come avviene già oggi nelle elezioni comunali - i cittadini sappiano prima delle elezioni nazionali i nomi dei candidati a Presidente;  sappiano poche ore dopo la chiusura del secondo turno (o del primo se uno raggiunge già la maggioranza dei votanti) il nome del vincitore che governerà.

Avendo apprezzato come amministratore pubblico la bontà (pur con alcuni limiti) del modello, penso che possa funzionare anche a livello nazionale, purché precisando alcuni contenuti lasciati credo finora volutamente aperti. Sono opinioni personali, beninteso, che porto con prudenza al confronto appena iniziato nel nuovo Parlamento.

Sono due le questioni dirimenti su cui esprimersi. Primo: la scelta del vertice dell’esecutivo da eleggere con il sistema maggioritario a doppio turno riguarda il Primo Ministro o il Capo dello Stato con poteri di governo? Secondo: i parlamentari vengono eletti con liste bloccate, con i collegi uninominali o con le preferenze?

I sostenitori del semipresidenzialismo alla francese sono per l’investitura popolare di un Capo dello Stato con poteri di governo, cioè sostanzialmente per il superamento di un Presidente della Repubblica di garanzia e di equilibrio tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Temo che con tale soluzione non bastino - semmai ci sia la volontà di approvarli - i contrappesi da molti suggeriti o auspicati: norme sul conflitto di interessi, sfiducia in casi gravi, presidenza del CSM ad altra figura, tutela delle prerogative parlamentari, ecc.  Il sistema gollista rischia di assegnare eccessivo potere a una persona, cioè di provocare o essere alimentato da derive cesariste e populiste.

Sarebbe tuttavia miope non riconoscere, all’opposto, i vizi cronici del parlamentarismo e l’esigenza di dare efficacia alla forma di governo e all’attività legislativa. Facciamo subito, dunque, la riforma del Senato e approviamo la riduzione del numero dei parlamentari.  Insieme, prevediamo una riforma elettorale che preveda il sistema maggioritario a doppio turno, un premio di maggioranza e l’indicazione diretta del premier, consolidando la governabilità e favorendo un sistema tendenzialmente bipolare.

Ritengo che l’equilibrato ruolo di garanzia tra i poteri attribuito al Capo dello Stato vada invece ancora bene così com’è. E’ poi ragionevole continuare a prevedere che la sua elezione venga dai rappresentanti eletti dal popolo (sarebbero cinque o seicento, non più mille, la prossima volta), senza vincolo di mandato e, se possibile, con larga convergenza.

Secondo dilemma, come eleggere i parlamentari: ci si divide tra collegi uninominali a doppio turno o preferenze. Inutile ricordare che, nei Comuni, i consiglieri si eleggono con le preferenze. Io sono per queste ultime: solo così il cittadino sceglie davvero! Con i collegi uninominali puoi trovarti un solo candidato, mediocre o che non apprezzi, del tuo partito o della tua coalizione, e ti tocca votarlo. E poi non si capisce perché le preferenze vadano sempre bene, tranne che per il Parlamento.

E’ nota l’obiezione: le preferenze alimentano clientele, collusioni e infiltrazioni mafiose. Si può rispondere che anche con i collegi uninominali esiste tale pericolo. Per evitarlo comunque, sarebbe decisivo anticipare a due mesi prima le candidature e consegnare ai candidati un bancomat con massimale, da utilizzare per ogni spesa elettorale. Chi sgarra decade automaticamente, se eletto.

Inoltre, andrebbero ridotti i collegi, laddove oggi sono troppo grandi: vanno bene collegi al massimo da un milione di abitanti (ma meglio da cinque seicentomila), dove garantisci scelta, competizione e rappresentanza plurale anche a terzi partiti o coalizioni, senza moltiplicare le spese. Il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla coalizione legata al premier vincente, recuperando i migliori non eletti.

C’è poi un’altra questione da considerare. I collegi uninominali sono stati finora assegnati con criteri decisi dal partito: insomma, la maggioranza se vuole può prendersi i collegi migliori. Anche per questa ragione sono preferibili le preferenze. Diversamente c’è il rischio che il congresso decida non solo gli assetti di partito, ma anche del Parlamento. Con il risultato di andare incontro a possibili degenerazioni, che invece debbono essere assolutamente evitate.

Infine, faccio tesoro della mia esperienza di assessore comunale e consigliere regionale. Posso dire che i Sindaci o i Presidenti regionali riescono di norma a governare per cinque anni avendo potere in abbondanza, al punto che i Consigli fanno fatica spesso a esercitare un vero e opportuno contrappeso. Come dire: basta già l’elezione diretta del capo del governo con il maggioritario a doppio turno e il premio di maggioranza, a qualsiasi livello, per garantire forte potere agli esecutivi e spuntare i vizi del parlamentarismo.

Tra la forma assembleare e la forma semipresidenziale c'è, insomma, spazio per modelli che sono la regola in Gran Bretagna, Germania,  Spagna. Modelli che, con le precisazioni suindicate e altre che mancano, possono dare sostanza e assomigliano all’attuale sistema di elezione dei sindaci. Appunto, il Sindaco d’Italia.

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Stefano Lepri

Un commento

  1. angela

    Non posso fare un commento ben articolato alle tue proposte. Sono una grande ammiratrice del popolo Tedesco, avendolo frequentato per
    lavoro e per vacanze(sono imprenditrice). Sono Valdese e quindi anche vicina teologicamente a loro. Per i tedeschi il BENE COMUNE è un obbligo, quindi tutto quello che possiamo COPIARE, non imitare, da loro è per me condivisibile.
    Sono invece molto delusa dai parlamentari e senatori piemontesi, che non hanno preso una decisa posizione, salvo qualcuno, sulla chiusura dell’Ospedale Evangelico Valdese, efficiente sotto tutti gli aspetti e che si chiude, per venderlo sicuramente ai soliti amici degli amici. UNA VERA VERGOGNA QUESTA CHIUSURA!!! Angela Tedino Forapani – Presidente del Comitato Evangelico Torino, già Comitato per la Ristrutturazione dell’Ospedale Evangelico Valdese di Torino.

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