Regione Piemonte: cosa cambia con il Piano sanitario

 

Ho già detto in precedenti articoli cosa non andava e cosa abbiamo ottenuto come PD. Il Piano sociosanitario approvato martedì scorso ha peraltro anche alcune buone intenzioni. Vedremo se saranno realizzate, e come, nel futuro.

Anzitutto, sono stati messi in rete gli ospedali entro sei aree (tre in Provincia di Torino, una del Piemonte nord, una del cuneese e una di Asti/Alessandria), dividendoli tra quelli di alta complessità (ospedali di riferimento), di media complessità (ospedali cardine) e di territorio. E’ una cosa utile per evitare duplicazioni o interventi inappropriati. Vedremo se ci sarà davvero la volontà e la capacità di farlo, visto che spesso gli ostacoli e le attese corporative o autoreferenti hanno finora prevalso.

Sono poi state costituite sei nuove federazioni (aree di coordinamento sovrazonali), corrispondenti territorialmente alle sei aree ospedaliere. Saranno sei manager a guidarle, per lo svolgimento accentrato di funzioni a supporto dell’attività socio-sanitaria: acquisti collettivi, edilizia sanitaria, logistica, informatica, ecc. Anche in questo caso l’obiettivo è giusto: lo avevamo già enunciato nello scorso Piano (ma abbiamo solo cominciato a realizzarlo), mentre altre regioni, specie quelle di centrosinistra come Toscana ed Emilia, lo stanno già praticando da molti anni. Il modello è proprio quello toscano, a cui ci si è espressamente ispirati.  Vedremo, anche qui, se i risparmi annunciati sono solo promesse; di sicuro se li avremo saranno provvidenziali, visti i tagli a cui siamo costretti in tutti gli altri comparti dell’Amministrazione regionale.

Restano ancora largamente indeterminate le modalità di riconversione di molti ospedali, anche perché per ciascuno occorre un inevitabile serio approfondimento, specie alla luce delle complementarietà ottenibili entro le reti ospedaliere.

Infine il personale, la cui gestione è rimasta in capo alle Aziende sanitarie (e non, come si temeva, alle federazioni). Si aprirà una trattativa con i sindacati per capire se vi sono sacche d’inefficienza: solo in quei casi, è stato detto, si potranno valutare ipotesi di mobilità. Anche qui, quasi tutto è da approfondire.

Insomma, il Piano contiene anche strategie su cui conveniamo, ma le cui azioni sono ancora largamente indefinite. Per certi versi, il difficile (anche per noi all’opposizione) comincia ora.

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