Finanziamento ai partiti, urge regolata

La vicenda del tesoriere de La Margherita Lusi, che ha ammesso di aver sottratto diversi milioni di euro “a insaputa” dell’ ex segretario Rutelli e degli organi di controllo, rattrista e spinge a fare scelte.

Occorre dire che il finanziamento pubblico ai partiti è necessario, se non si vuole che facciano politica solo i ricchi o che la politica si finanzi in modo illecito. La questione quindi non è se, ma quanto finanziamento pubblico va riconosciuto, e come. Ad esempio, se i partiti si fondono, il finanziamento per i rimborsi elettorali andrebbe dato al nuovo partito, non a quelli estinti come invece è avvenuto per DS e Margherita; se i partiti non raggiungono una certa percentuale non andrebbero rimborsati per le spese elettorali sostenute, così da evitare le liste civetta e la proliferazione delle liste.

La nostra esperienza è che, al di là del finanziamento nazionale, i livelli regionali e locali in Piemonte campino senza lussi, con pochi soldi trasferiti da Roma e con un forte contributo economico dato direttamente dagli eletti e dai simpatizzanti.

I partiti possono (anzi debbono) darsi regole di autocontrollo, facilmente mutuabili dai modelli economici: il tesoriere deve essere controllato da revisori anche espressi dalle minoranze, i bilanci debbono essere davvero trasparenti, cifra per cifra, le spese importanti debbono passare negli organi di indirizzo, ecc. Ma ci vuole anche una legge statale che disciplini il loro funzionamento interno, perché i partiti non possono essere trattati al pari di associazioni private, visto il loro rilievo pubblico. Con norme che garantiscano democrazia interna (oggi il PD è l’unico partito non leaderistico!!), contrappesi, trasparenza nel tesseramento e nella selezione della classe dirigente, ecc.

Peccato che ci sia voluto un altro scandalo per prendere atto di questa necessità!

Stefano Lepri

Un commento

  1. Maria Grazia Lorenzelli

    A mio sommesso avviso, sarebbe importante, in via preliminare (sia per i partiti politici, ma anche per i sindacati) dare attuazione alle norme contenute nell’art. 39 della Costituzione italiana (previste, invero, solo per i sindacati): trasformazione da “associazioni di fatto” ad enti aventi personalità giuridica, bilanci obbligatori e soggetti a controlli (sono pur sempre soldi pubblci)… forse sono maturi i tempi?

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