Riformismo comunitario

RIFORMISMO COMUNITARIO
Senato della Repubblica, Roma 21 settembre 2017

Il Convegno, organizzato da un gruppo di Senatori PD, intende mettere in evidenza come la visione politica orientata al riformismo, di cui il PD è sicuro interprete, non possa basarsi solo sulla sintesi tra le culture politiche liberali e laburiste. C'è una terza visione che ne deve fare parte: quella comunitaria, capace soprattutto di valorizzare il protagonismo delle famiglie e delle formazioni sociali intermedie; la partecipazione attiva dei lavoratori entro l’impresa e la sua responsabilità sociale; il buon funzionamento delle municipalità, specie in quanto diretto riferimento dei cittadini.

Non sarà un convegno sui massimi sistemi, ma partiremo dai risultati di questa legislatura e dalle idee per la prossima. Alcune scelte di questa legislatura vanno sicuramente nella direzione indicata: ad esempio, le leggi (approvate o in corso di approvazione) su il terzo settore, l’impresa sociale, il servizio civile, l’agricoltura sociale, la cooperazione internazionale, i piccoli comuni, i nidi aziendali, lo spettacolo, lo spreco alimentare, il contrasto alla povertà, le banche popolari e quelle cooperative, la benefit corporation, il welfare aziendale, alcune misure di conciliazione previste nel jobs act.

Molte altre questioni sono rimaste scritte entro proposte di legge o dichiarazioni d’intenti, ma potranno essere considerate, a cominciare dalla prossima conferenza programmatica del PD, per poi fare parte dell’agenda parlamentare e di governo della prossima legislatura. Tra le diverse proposte: un chiaro ed equo sostegno alla natalità; vere politiche a favore della famiglia e della genitorialità; la costruzione di “secondo welfare” anche attraverso il protagonismo dei care giver; una rivisitazione dei tempi di lavoro che consentano una maggiore disponibilità ai bisogni relazionali e alle azioni di prossimità; una gestione dei servizi pubblici locali aperta al protagonismo dei cittadini associati; la valorizzazione delle piccole e medie imprese capaci di valorizzare le peculiarità del made in Italy e l’artigianato tipico; un’accoglienza “diffusa” degli immigrati; un grande programma nazionale per realizzare “lavori di comunità” a favore di quanti non possono o non riescono a entrare o rientrare nel mondo del lavoro;  una vera promozione delle forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese; il rafforzamento delle “terre di mezzo” e delle aree interne, collinari e montane dell’Italia.

Si tratta di grandi riforme che potrebbero migliorare fortemente la qualità della vita dei cittadini, ma anche la competitività del Paese. Sono misure in molti casi costose, per cui la politica dovrà fare delle scelte. Ma sono scelte inevitabili, se non altro perché il riformismo comunitario appare come il migliore argine al sovranismo e al populismo. Se infatti il cittadino non è solo ma si riconosce, e partecipa attivamente, nei luoghi della prossimità e della vita quotidiana; se la persona non è solo un consumatore e un utente passivo dei servizi pubblici, allora potrà accettare più facilmente i vantaggi della globalizzazione e della democrazia rappresentativa.

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Stefano Lepri