Se la minoranza non accetta di esser tale

Vi propongo un bell’articolo di Michele Salvati, noto economista vicino a suo tempo al PDS, sintetizzando i contenuti.

Il punto di partenza è la consapevolezza che Matteo Renzi, in poco più di un anno di governo e di segreteria “ha trasformato il Pd da partito oligarchico in democrazia del leader e ha spostato il baricentro del Pd da una visione socialdemocratica a una liberale di sinistra. Si è trattato di una svolta così forte da lasciare attoniti gli esponenti della vecchia maggioranza, che si immaginavano di poter proseguire imperturbati il loro tran-tran consociativo”.

Salvati paragona l’avvento di Renzi alla svolta di Blair del ’97: “alla base, in entrambi i casi, c’era un popolo di sinistra che si era stufato di perdere”. E continua: “Renzi ha vinto nel partito, la direzione ha approvato la sua strategia a grande maggioranza, ma un gruppo consistente di parlamentari cerca di opporvisi utilizzando tutte le tecniche che le regole costituzionali consentono. Tecniche normalmente usate da partiti dell’opposizione contro la maggioranza di governo, non da una parte del partito di governo contro la parte predominante, quella risultata vincitrice all’interno del partito. Insomma, la lotta interna al partito si è trasferita sui banchi del Parlamento”.

E aggiunge, con stringente attualità proprio in riferimento alle vicende intorno all’Italicum: “La regola dell’unità del partito in sede parlamentare non è una regola comunista, è una semplice regola di efficacia: se si vuole una democrazia decidente, se si riconosce che un difetto grave della democrazia parlamentare è quella di perdersi in infinite mediazioni, il prerequisito è quello di avere dei partiti decidenti”.

Infine, conclude: “non mancheranno occasioni per sfidare Renzi nel partito, come Blair è stato sfidato e sconfitto. Di qui il mio appello. Per il bene del paese, per il bene del partito, accettate lealmente la sconfitta e preparatevi, nel partito, a un lungo confronto con una concezione di lotta politica e di visione strategica diversa dalle vostre, ma ampiamente diffuse e perfettamente legittime nella sinistra 2.0”.

Condivido totalmente.

Stefano Lepri

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