I servizi per l’infanzia costituiscono un esempio di quanto sopra affermato: oggi sembra impossibile prevedere, anche a titolo sperimentale un apporto da parte di familiari. Il requisito di qualità che fa parte delle cultura dei servizi oggi comunemente diffusa prevede l’impiego esclusivo di operatori professionali.
Ritengo invece che sia necessario pensare a forme di integrazione tra operatori professionali e familiari quali genitori e nonni, da cui derivano conseguenze sia sui costi di servizio complessivi, sia sui costi applicati alle famiglie che mettono in campo questo tipo di disponibilità.
Lo stesso si può dire circa i nidi in famiglia, che vanno incentivati e diffusi, oltre che collocati in uno spazio di collaborazione con i servizi gestiti su base professionale.
In sostanza, la sfida da raccogliere è quella di pensare al mondo della solidarietà familiare e al servizio professionale non come elementi che si escludono l’un l’altro, ma come opportunità che si integrano.
Tale prospettiva appare indispensabile anche per aumentare il numero di posti nei servizi per l’infanzia, senza riduzioni del personale professionale, il cui apporto va anzi valorizzato.